mercoledì 10 dicembre 2008




"Dio ci ha dato due orecchie, ma soltanto una bocca, proprio per ascoltare il doppio e parlare la metà"
Epitteto, filosofo greco - I° secolo d.C.





L’ascolto attivo si fonda sulla creazione di un “clima” in cui una persona possa sentirsi compresa, quindi è necessario essere realmente disponibili a comprendere ciò che l’altro sta dicendo, ma al tempo stesso si deve ascoltare anche se stessi, le proprie reazioni ed eventualmente il proprio “disagio” quale indice dei limiti del proprio punto di vista.
È necessario anche accettare il nostro “non sapere” e la nostra difficoltà a capire, per stabilire un rapporto di rispetto e riconoscimento reciproco.
Tutto questo non è facile per noi, ne è naturale, poiché abbiamo sempre la necessità di classificare ciò che ci circonda e, di conseguenza, la tendenza al giudizio…ma è esattamente ciò che non si deve fare se si vuole realmente ascoltare. Lo stesso vale per la facile tendenza al “consiglio” per risolvere eventuali problemi di chi ci parla.
In realtà è più facile creare barriere alla comunicazione utilizzando messaggi più o meno espliciti di rifiuto, come, ad esempio, interpretare ciò che l’altro dice, moralizzare, cambiare argomento.
Ecco perché, per l’ascolto attivo, è necessario seguire alcune regole:
· Ascoltare il contenuto, cioè ciò che ci viene detto , raccogliendo tutte le informazioni necessarie sulla situazione contingente, facendo domande per chiedere chiarimenti
· Capirne la finalità, cioè capire perché il nostro interlocutore ci sta dicendo qualcosa, cercando di capire qual è il suo punto di vista
· Osservare la comunicazione non verbale, quale indice dello stato d’animo dell’interlocutore, nonché spia di segnali contraddittori
· Controllare le proprie reazioni e la propria comunicazione non verbale, cioè essere consapevoli dei messaggi che si sta inviando
· Ascoltare con partecipazione senza giudicare, cercando di mettersi nei suoi panni per capire i suoi sentimenti, mantenendo però la consapevolezza che il problema non è nostro.

3 commenti:

  1. Chi mi conosce sa che sono piuttosto provocatoria....
    In questo blog dall'argomento così interessante ho trovato tutti giudizi positivi sulla necessità dell'ascolto, sulla moralità dell'ascolto, sulla significatività dell'ascolto, sulle buone regole dell'ascolto e qualche lamentela sulla mancanza di ascolto.
    Tutto ok se non fosse che il buon Dio, che ci ha dato 2 orecchie e una sola bocca, ci ha dato anche 10 dita per digitare al computer.... e solo 24 ore al giorno, solo due occhi, solo un cervello per leggere e capire!
    Voglio dire: non capita anche a voi di essere sommersi da questa piena di informazioni, notizie, immagini.... non vi capita di aver bisogno di silenzio, disconnessione e solitudine?
    Dobbiamo proprio ascoltare tutto? Dobbiamo proprio esprimere noi stessi in ogni dove?
    O dovremmo tutti, prima di pretendere di essere ascoltati, pensare e riflettere un attimo su quel che stiamo esprimendo?

    RispondiElimina
  2. Cara Mati...
    è proprio per questo che ho fatto questo blog...proprio perché l'ascolto non è scontato, semmai è una pratica piuttosto difficile! Tante più cose abbiamo da fare nelle nostre giornate, tante più sollecitazioni ci sommergono, appunto, tanto più avremmo bisogno di staccare la spina e di mandare a quel paese tutti!!!(io per prima!:D)
    Però ritengo che se abbiamo scelto la formazione e, a maggior ragione, se pensiamo di esercitarla, sia quanto mai necessaria questa competenza!
    Ho già incontrato persone, che si definiscono "formatori",che anziché ascoltare, parlano, parlano...Che fiducia posso avere io sulla loro capacità di promuovere autonomia, se ho l'impressione che sciorinino solo la loro bravura?

    RispondiElimina
  3. Certo, come competenza del formatore la capacità di ascoltare è allo stesso livello della capacità di comunicare e troppo spesso vediamo che non viaggiano in sintonia e soprattutto la prima è messa da parte da chi in realtà, pur bravissimo a comunicare, poi ascolta solo se stesso.....
    Però la mia riflessione era più generica: con tutta la buona volontà spesso rischiamo di ascoltare il vuoto, anzi peggio perchè il vuoto può essere un concetto altissimo; quello che rischiamo è l'inutile blablabla che come ci insegna Paulo Freire impedisce la comunicazione vera; e se lui combatteva contro un blablabla istituzionale e coercitivo, noi ci troviamo a combattere contro un blablabla iperdiffuso ad ogni livello che spesso nasconde solo una mancanza di riflessione e di approfondimento sul sè.
    Dovremmo pensare sempre: ma l'ho pensato io quel che sto dicendo? non è che sto ripetendo a pappagallo qualcosa pensato da altri? sono proprio IO, QUI ed ORA?

    RispondiElimina