venerdì 12 dicembre 2008

Accoglienza

Pubblico un documento  che ho trovato a questo indirizzo http://www2.indire.it/contenuti_edactp/index_old.htm perchè parla del "valore pedagogico dell'accoglienza" come presupposto per riconoscere che i soggetti che entrano in formazione sono portatori di esperienze e di vissuti, e partendo da questo vanno valorizzati. 
Ritengo questo argomento molto importante perchè, anche se in primis riconosco che la decisione personale e la motivazione siano i primi e più importanti motori per attivare il proprio apprendimento e il proprio cambiamento, sono consapevole (non essendo più tanto giovane...) che è molto difficile  "mettersi in gioco e scoprire agli occhi degli altri le proprie debolezze e carenze."
"Gli atteggiamenti improntati all’accoglienza saranno propensi al riconoscimento delle esperienze e dell’intrinseco valore di ogni soggetto in formazione,  si prenderanno cura di lui chiunque esso sia e lo accetteranno per quello che è e per quello che vuole diventare."

Dall’accoglienza come base per la costruzione di un progetto di formazioneall’accoglienza come strumento di attenzione continua.di Carolina M. scaglioso e C. Scaglioso

mercoledì 10 dicembre 2008

L' ascolto per il formatore


Propongo una riflessione...

Perchè il formatore oltre a sapere-saper fare-saper essere deve anche saper ascoltare?

Il formatore ha a che fare con le "risorse umane" e questo termine implica che ogni essere umano è una risorsa, in questo senso "saper ascoltare" produce un doppio effetto: valorizzare la persona con cui si interagisce (che dovrebbe essere l'obiettivo di ogni formatore) e al tempo stesso, la condizione di apertura con cui il formatore si pone, gli permette di imparare qualcosa di nuovo, di attingere da questa risorsa.

Se l'obiettivo del formatore è permettere alla persona di conoscere e sviluppare il suo potenziale, bisogna sempre tener presente che esistono più verità, che poter disporre di più chiavi di lettura è una competenza essenziale per essere flessibili e aperti al nuovo e al diverso.

Ecco che "l'ascolto attivo, oltre a essere uno strumento per sentire e rispettare l'altro affinché prenda in mano il proprio processo di apprendimento, di sviluppo e di cambiamento personale" diventa anche un'opportunità per "arricchire il proprio bagaglio di conoscenze, di esperienze e di vissuti significativi".


Questa riflessione prende spunto da un documento trovato in internet intitolato

che io condivido appieno e che consiglio di visitare.



"Dio ci ha dato due orecchie, ma soltanto una bocca, proprio per ascoltare il doppio e parlare la metà"
Epitteto, filosofo greco - I° secolo d.C.





L’ascolto attivo si fonda sulla creazione di un “clima” in cui una persona possa sentirsi compresa, quindi è necessario essere realmente disponibili a comprendere ciò che l’altro sta dicendo, ma al tempo stesso si deve ascoltare anche se stessi, le proprie reazioni ed eventualmente il proprio “disagio” quale indice dei limiti del proprio punto di vista.
È necessario anche accettare il nostro “non sapere” e la nostra difficoltà a capire, per stabilire un rapporto di rispetto e riconoscimento reciproco.
Tutto questo non è facile per noi, ne è naturale, poiché abbiamo sempre la necessità di classificare ciò che ci circonda e, di conseguenza, la tendenza al giudizio…ma è esattamente ciò che non si deve fare se si vuole realmente ascoltare. Lo stesso vale per la facile tendenza al “consiglio” per risolvere eventuali problemi di chi ci parla.
In realtà è più facile creare barriere alla comunicazione utilizzando messaggi più o meno espliciti di rifiuto, come, ad esempio, interpretare ciò che l’altro dice, moralizzare, cambiare argomento.
Ecco perché, per l’ascolto attivo, è necessario seguire alcune regole:
· Ascoltare il contenuto, cioè ciò che ci viene detto , raccogliendo tutte le informazioni necessarie sulla situazione contingente, facendo domande per chiedere chiarimenti
· Capirne la finalità, cioè capire perché il nostro interlocutore ci sta dicendo qualcosa, cercando di capire qual è il suo punto di vista
· Osservare la comunicazione non verbale, quale indice dello stato d’animo dell’interlocutore, nonché spia di segnali contraddittori
· Controllare le proprie reazioni e la propria comunicazione non verbale, cioè essere consapevoli dei messaggi che si sta inviando
· Ascoltare con partecipazione senza giudicare, cercando di mettersi nei suoi panni per capire i suoi sentimenti, mantenendo però la consapevolezza che il problema non è nostro.